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Bruno Sabbioni - Mina interpreta l'arte
9 - 30 NOVEMBRE
Non è possibile immaginare altra mostra in cui artista e soggetto si appartengano così reciprocamente ed intimamente. È questo ciò che subito si percepisce quando Bruno Sabbioni ci presenta la sua Mina. Attraverso lo sguardo del tutto peculiare di questo artista, Mina, straordinaria interprete, diventa immagine assolutamente trasversale nel suo prestare volto all’arte di ogni tempo, infrangendo ogni regola e rendendo visibile, fruibile ciò che per noi è solo immaginabile. Non più solo donna, icona femminile, Mina è lei e solo lei che può essere tutto. Dall’immediatezza della pop art di Andy Wharol alla leggerezza ed eleganza di Boldini, quegli occhi profondi, dallo sguardo che vaga lontano, si prestano a dar vita e reinterpretare tutte le temperie artistiche, senza mai che si percepisca veramente lo stacco tra il contesto, sempre diverso ed a volte addirittura improbabile, e l’intervento artistico: il viso di Mina si amalgama perfettamente con l’opera originale, come se vi fosse sempre appartenuto. Ed è proprio questa la genialità di Sabbioni, che, quasi un deus ex machina, sprigiona quell’incredibile capacità espressiva di un volto che non ha tempo. La sua è una vera e propria attitudine creativa verso la materia: strappata, ricomposta, rielaborata e dunque reinterpretata, la materia nelle sue mani diviene vita pulsante. Mina è qui al contempo dama, modella, Madonna o addirittura scultura, e lo è sempre e veramente, fino in fondo: é tutte queste donne insieme, ma non solo, è più ed oltre ad esse. L’effetto che ci restituisce è sorprendente: in un processo di decontestualizzazione continua, quasi straniante, ciò a cui viene sempre ricondotto lo spettatore e che determina l’elemento di continuità è il viso di Mina, nelle sue mille espressioni e modi di essere a cui solo Sabbioni sa dare forma e vita. È un poeta che, con la sensibilità propria solo di un poeta, riesce a portare alla luce gli infiniti mondi ai possibili che solo il volto di Mina può perfettamente incarnare, e che dunque in nuce cela in sé.
Francesca Gualandi
Non è possibile immaginare altra mostra in cui artista e soggetto si appartengano così reciprocamente ed intimamente. È questo ciò che subito si percepisce quando Bruno Sabbioni ci presenta la sua Mina. Attraverso lo sguardo del tutto peculiare di questo artista, Mina, straordinaria interprete, diventa immagine assolutamente trasversale nel suo prestare volto all’arte di ogni tempo, infrangendo ogni regola e rendendo visibile, fruibile ciò che per noi è solo immaginabile. Non più solo donna, icona femminile, Mina è lei e solo lei che può essere tutto. Dall’immediatezza della pop art di Andy Wharol alla leggerezza ed eleganza di Boldini, quegli occhi profondi, dallo sguardo che vaga lontano, si prestano a dar vita e reinterpretare tutte le temperie artistiche, senza mai che si percepisca veramente lo stacco tra il contesto, sempre diverso ed a volte addirittura improbabile, e l’intervento artistico: il viso di Mina si amalgama perfettamente con l’opera originale, come se vi fosse sempre appartenuto. Ed è proprio questa la genialità di Sabbioni, che, quasi un deus ex machina, sprigiona quell’incredibile capacità espressiva di un volto che non ha tempo. La sua è una vera e propria attitudine creativa verso la materia: strappata, ricomposta, rielaborata e dunque reinterpretata, la materia nelle sue mani diviene vita pulsante. Mina è qui al contempo dama, modella, Madonna o addirittura scultura, e lo è sempre e veramente, fino in fondo: é tutte queste donne insieme, ma non solo, è più ed oltre ad esse. L’effetto che ci restituisce è sorprendente: in un processo di decontestualizzazione continua, quasi straniante, ciò a cui viene sempre ricondotto lo spettatore e che determina l’elemento di continuità è il viso di Mina, nelle sue mille espressioni e modi di essere a cui solo Sabbioni sa dare forma e vita. È un poeta che, con la sensibilità propria solo di un poeta, riesce a portare alla luce gli infiniti mondi ai possibili che solo il volto di Mina può perfettamente incarnare, e che dunque in nuce cela in sé.
Francesca Gualandi